Riforma agraria
E' una ristrutturazione dei mezzi di produzione agricola, in particolare del suolo.
Con riforma agraria si intende una redistribuzione della proprietà delle terre coltivabili attraverso un'espropriazione forzata, indennizzata o no, che l'amministrazione compie nei confronti dei beni posseduti da grandi proprietari (latifondisti), per una successiva redistribuzione gratuita, o a prezzo agevolato, in favore dei coltivatori privi di proprietà. Nella storia ci sono state numerose riforme agrarie, spesso dovute a rivoluzioni o rivendicazioni violente da parte della classe contadina. Attualmente, una delle più famose lotte per la riforma agraria è compiuta dai sem terra in Brasile.
La riforma agraria ha la duplice finalità di redistribuire più equamente la terra migliorandone al tempo stesso la produttività.

Nel redistribuire la terra dai grandi proprietari verso i piccoli proprietari, si favorisce una più equa distribuzione del reddito. Inoltre, eliminando le zone scarsamente produttive del latifondo, si cerca di aumentare la produttività della terra delle zone riformate. Allo stesso tempo, è possibile modificarne i prodotti o le tecniche di lavorazione, se le terre espropriate sono sì produttive ma utilizzate male. Perciò, agli obiettivi di equità, si è soliti associare obiettivi di miglioramento qualitativo e quantitativo nello sfruttamento della terra.
Grandi nemici della riforma agraria sono i grandi proprietari terrieri e le multinazionali alimentari, dei biocarburanti e delle infrastrutture che in combutta con gli Stati cercano di accapparrarsi e sfruttare vaste zone di territorio, cercando il massimo profitto a scapito delle piccole comunità contadine e indigene.
L'impatto ambientale e sociale di una riforma agraria non equa è veramente terribile: monocultura che impoverisce il terreno, uso di pesticidi chimici e sementi geneticamente modificati per aumentare la produttività; contadini costretti a lavorare a provvigione e in condizioni disumane, senza nessun contratto di lavoro, ferie e malattia; comunità indigene cacciate dal loro territorio, dove vivevano in pace da secoli, per costruire ponti e nuove strade; distruzione della biodiversità del territorio.